Ci sono taluni piccoli fastidi che si insinuano tra le pieghe del quotidiano come note stonate in grado di rovinare gli accordi dell’umore, a volte per qualche istante, a volte graffiando lo spartito per tutta la giornata. Inezie, per carità. Ma, come diceva il buon Totò, è la somma che fa il totale: avete presente Michael Douglas durante il suo giorno di ordinaria follia?
Immaginate di essere in coda per concludere qualche operazione che mediamente richiede pochi minuti. Poi immaginate che a dispetto di ogni statistica e di ogni calcolo delle probabilità le persone davanti a voi ci mettano tempi inspiegabili. A meno che non siate impegnati in una appassionata conversazione con Kate Beckinsale l’attesa può risultare oltremodo irritante.
Qualche esempio in ordine sparso, tanto per gradire. Cominciamo dal cinema.
La coda al cinema
Quanto ci vuole ad acquistare un biglietto? Un minuto? Due? Vogliamo esagerare e dire tre? Bene, ecco cosa succede quando in coda mi ci metto io, con due persone davanti.
Il primo chiede informazioni sul funzionamento della tessera prepagata, che evidentemente gli sembra complesso da capire. Dopo le spiegazioni rinuncia ad acquistare la tessera (ci vuole pensare) e paga i due biglietti in contanti. Dato il tempo necessario per il saldo mi viene il sospetto che stia pagando con talleri di bronzo yemeniti fuori corso, e che l’operatore stia discutendo il tasso di conversione con la consulenza telefonica di un numismatico, ma non posso verificare per non oltrepassare la linea di rispetto della privacy.
Il secondo è in coda da solo ma si scopre all’improvviso che fa parte di una nutrita comitiva di bifolchi usciti da chissà dove, in grado di esprimersi solo attraverso suoni gutturali o poco più. Il pitocco deve comprare i biglietti per tutti ma la sala è già piena; d’altronde… una dozzina di biglietti per il film più commerciale del mondo, in un multisala, senza prenotazione, di sabato sera, mentre fuori diluvia… Vabbè… Per trovare un film alternativo si accende un lunghissimo dibattito in uno strano dialetto paleoveneto, farcito di espressioni in disuso dal XII secolo e di battute triviali che suscitano nella tribù una irresistibile ilarità e allungano ancor di più i tempi di decisione.
Io, nel frattempo, sono sempre in coda. Disarmato.
La beffa è che poi, a partire del mio turno, tutti gli altri perfezionano l’acquisto del biglietto in meno di un minuto, ristabilendo la media nazionale. Evidentemente era destino che con i due soggetti “problematici” avessi appuntamento proprio io…
La coda in banca e in posta
Quanto ci può mettere una persona normale a chiedere un bonifico o a pagare una bolletta? Due minuti? Quattro? Ecco, le persone che mi trovo davanti io ci mettono mediamente un quarto d’ora a testa.
Forse sono broker che lavorano a complesse transazioni internazionali, triangolando acquisti e vendite tra Giappone, Emirati Arabi e Stati Uniti, anche se a giudicare dallo stuzzicadenti in bocca non si direbbe proprio… L’unica certezza è che anche in questo caso, come al cinema, ero proprio io il predestinato all’incontro con questi personaggi: prima di loro e dopo di me la coda scivolava e riprende a scivolare via a ritmi da record europeo omologato.
L’attesa al bancomat
La stessa cosa si ripete, puntualmente, al bancomat. Davanti a me solo persone che hanno problemi con la tecnologia touchscreen o che hanno come hobby l’interazione con gli sportelli di prelievo. Una volta ogni tanto, proprio quando dietro di loro capito io, si divertono ad esplorare tutte le funzionalità e le opzioni disponibili: richiesta saldo, ricarica telefonica, pagamento bollette, prelievo e versamenti in beneficenza. Poi probabilmente si scambiano opinioni ed emozioni in qualche forum dedicato. Spesso, quando finalmente arriva il mio turno, il bancomat, stremato, si dichiara fuori servizio.
E in tutto questo io sono sempre disarmato.
La coda al casello
Altro classicone è la corsia del Telepass.
Superare la coda di vetture sprovviste di questa fantascientifica tecnologia è una vera goduria, ma sempre più spesso, infilandomi nella corsia riservata, mi vedo costretto a tirare una violenta inchiodata per non tamponare un pirla senza Telepass che fa scattare il semaforo rosso.
Può capitare, penso tra me e me: in fondo a segnalare che quella è una corsia riservata ci sono solo svariati avvisi prima della barriera, qualche centinaio di metri di corsia gialla a terra e un cartellone grande come un campo da tennis sopra il casello…
Comunque basta un po’ di pazienza, mi dico: ora interviene l’operatore che registra la targa e apre la sbarra, emettendo dalla colonnina il tagliando del mancato pagamento. Questione di pochi secondi.
Invece no.
Passano copiosi i minuti, mentre il pirla discute animatamente con la colonnina, sporgendosi dal finestrino. Immagino stiano animando un dibattito sulla meccanica quantistica in greco antico attraverso il citofono, perché non mi spiego altrimenti come possa la questione durare così a lungo. Sono sempre tentato di scendere e unirmi incuriosito alla lectio magistralis, ma poi rinunzio: la meccanica quantistica non è mai stata il mio forte e non avendo con me un lanciagranate non intravedo altre possibilità di dare un contributo attivo alla conversazione.
Intanto quelli che pagano in contanti mi superano e ripartono felici verso le loro mete.
Non posso nemmeno fare retromarcia e cambiare corsia, perché dietro di me, in questi frangenti, si piazza sempre un autoarticolato lungo come uno stadio e quasi più alto del casello. Non è nemmeno il caso di suonare e imprecare per chiedere strada: dal mezzo potrebbe scendere un cosacco in formato libreria e la conversazione, senza un bazooka, potrebbe rivelarsi difficoltosa.
Per la lingua eh, mica per altro.
Non si può che concordare…un altro classico è la coda al supermercato: mediamente dai 2 ai 3 anni di vita scorrono via tra casalinghe che fanno la raccolta punti e il pensionato che ha dimenticato di pesare la frutta :-/…quando vai in Armeria per approntare un consono acquisto chiamami che andiamo insieme…