Guardo saltuariamente la televisione, quel tanto che basta per conoscerla senza compromettermi. Frequento il mondo dell’(ex) tubo catodico anche di riflesso, leggendone qua e là, soprattutto in rete. Ho comunque elementi sufficienti per divertirmi a salire sul pulpito e lanciare i miei strali contro alcuni utilizzi del più straordinario e potente mezzo di comunicazione del ventesimo secolo (ora c’è un concorrente altrettanto stupefacente, che state sfruttando per leggere il post…).
Quarto strale – I tormentoni
Casta, spread, credibilità internazionale, inciucio, debito pubblico, cuneo fiscale, mucca pazza, regole d’ingaggio, bond argentini, aviaria, biscaggina, aids, immigrazione clandestina, pressione fiscale, terrorismo, corruzione, energia nucleare, escort, crisi, derivati, tsunami, rischio default, privilegi, pensioni, questione morale, inchino, scatola nera.
Si potrebbe continuare per pagine intere.
La caratteristica intrinseca del tormentone televisivo, di qualsiasi genere e specie, è quella di diventare insopportabile nel volgere di un battito di ciglia. La nausea deriva non tanto dall’uso spesso improprio di alcuni termini: la semplificazione e la faciloneria sono nel DNA della televisione così come è concepita oggi, quindi tocca sopportarle pazientemente. Risultano stomachevoli invece l’ossessiva ripetitività e la ridicola sindrome del pappagallo che infettano l’etere.
Si pensi, tanto per fare un esempio, al termine par condicio.
Utilizzare una espressione latina mutuandola dal diritto fallimentare ed adattandola con le necessarie approssimazioni ad un utilizzo nel mondo della comunicazione, potrebbe anche essere considerata una buona idea. Suona bene e contiene un giusto mix tra la solennità del principio di fondo e l’immediatezza di uno slogan commerciale. Probabilmente chi ha avuto l’intuizione di appiccicare quell’etichetta al conglomerato di indigesti regolamenti che rappresentava, merita un plauso.
Lui.
Tutti gli altri pecoroni che da quel giorno hanno vomitato per mesi la locuzione par condicio nei tubi catodici del Bel Paese, declinandola in tutte le salse, anche per spiegare che nell’Amatriciana ci vanno sia il sale che il pepe, li condannerei a diventare spettatori di un reality o di un talent show qualsiasi per due mesi. Senza condizionale.
Ma tornando al tormentone, il punto interessante è proprio questo: una bella intuizione, un gioco di parole, una metafora ardita, se vengono trasformati in tormentoni televisivi perdono tutto ciò che hanno di prezioso per involgarirsi nel guazzabuglio di titoli, titoloni, citazioni, servizi, riferimenti, battute, allusioni che ogni emittente, ad ogni ora del giorno e della notte, in qualsiasi trasmissione, riversa senza pietà nelle orecchie dei poveri telespettatori inermi.
Che poi, se poi uno volesse capire davvero i temi dello spread o degli strumenti derivati nella finanza, non avrebbe modo di farlo, se non spegnendo la TV che lo mitraglia con quei termini migliaia di volte al giorno e facendo ricorso ad altri strumenti di approfondimento. Il tormentone in TV vive di vita propria, diventa autoreferenziale, perde il suo significato originario, si trasforma in un richiamo di sé stesso, in un significante senza significato; addirittura in molti casi è il tormentone in sé che diventa notizia e viene commentato, in una sublime implosione del sistema.
Tutti ne parlano, tutti si riempiono la bocca ripetendo frasi già dette altrove, ma nessuno scalfisce nemmeno lontanamente la superficie più esterna e sottile dell’argomento, quale che sia. Probabilmente perché pochi tra coloro che fanno ricorso al tormentone saprebbero spiegarne l’origine o andare oltre; sicuramente perché andare oltre, in televisione, non serve. In ogni caso, alla fine, tutti fanno riferimenti ma nessuno sa realmente di cosa si sta parlando.
Se anche qualcuno, uno spirito puro, un corpo estraneo finito per caso in una trasmissione, volesse provare ad andare oltre, non riuscirebbe. Verrebbe subito interrotto dal conduttore, perché “cade il satellite“, perché deve dare la parola a tutti per “par condicio” o perché “il tempo è tiranno” e deve lanciare un “servizio esclusivo” o “restituire la linea alla regìa“.
Una cosa hanno di bello i tormentoni.
Finiscono.
NB: per leggere il capitolo precedente (Quinto Potere – Atto terzo), cliccare QUI
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