Tutti i cosiddetti “esperti di settore”, compresi quelli da Bar Sport, dicono che sia il momento giusto per acquistare casa; quasi quasi mi butto a capofitto nella grande avventura degli investimenti immobiliari, come il Jerry Calà dei tempi d’oro. Lui aveva trovato un loft d’occasione da riarredare e trasformare in porto di mare per gli amici (e alcova per le amiche) con tocchi di sublime genialità; su tutti la tavoletta del cesso collegata all’impianto stereo. L’idea sembra divertente, mi lancio anch’io…
Comincio consultando le riviste specializzate, che ormai proliferano in ogni dove e ti intasano la cassetta della posta, zeppe di foto improbabili e annunci degni del miglior cabaret. Prima delusione: i loft sono praticamente introvabili. Vabbé in effetti siamo a Padova, paesone provincialotto senza troppe pretese, disastrato nelle infrastrutture, farcito di parvenues ma contadino nel DNA. Mi rendo conto che posso prendere le mie idee fighette sul loft e andare a quel paese. A dire il vero un paio ne avrei trovati, ma hanno prezzi superiori ai 500.000 euro. Non mi pare che nel film Jerry Calà fosse miliardario. Niente loft.
Meglio affidarsi a qualche professionista del settore e rivolgersi ad una agenzia. Noto con sorpresa che ne hanno aperta una ogni 15 metri lineari di asfalto… “Bene!!!” Penso subito. “Mica tanto!!!”, penserò dopo avere avuto a che fare con alcuni addetti ai lavori.
Gli attriti iniziano subito: cercano di farmi desistere con ardite spiegazioni architettural-sociologiche dal tentativo di ricercare un loft; provo ad insistere replicando che di sociologi e bio-architetti me ne fotto, sto solo cercando casa e l’idea del loft continua a piacermi. Niente. Salta fuori il problema dei costi. Ribatto osservando che in fin dei conti sto cercando un vecchio capannone, un banale parallelepipedo, un magazzino dismesso riadattato ad uso abitativo. Dovrebbe costare meno di una villetta o di un trilocale. Niente da fare, pare che per avere un loft si debba vincere alla lotteria… Vada per l’appartamentino.
Immagino che da questo momento in poi vada tutto liscio, non riesco a pensare che la compravendita di un appartamento possa riservare sorprese di qualsivoglia tipo. Invece i colpi di scena non finiscono mai. I primi appartamenti che vedo hanno infatti camere da letto che somigliano in modo sinistro a ripostigli o armadi a muro. Oibò. Rimango di stucco.
L’intermediario, un ragazzo lampadato, nel ramo da poco ma arrivato a bordo di un SUV più costoso di un monolocale, mi spiega incespicando in qualche congiuntivo che ormai le case sono così; per avere camere degne di tale nome bisogna comprare immobili costruiti prima degli anni ’90. In compenso, sottolinea, c’è il marmorino in cucina, e si prodiga per dare una particolare enfasi alla cosa, parlando di “finiture di lusso”.
Stavolta è più forte di me, decido di interloquire.
“Scusi, esimio operatore del settore, a parte il fatto che non basta inserire un pezzo di radica nel cruscotto di una utilitaria per millantarla come limousine, e a parte il fatto che non siamo in una cucina ma siamo in ingresso e questo al massimo è un risicato angolo cottura, le vorrei significare che in presenza di un insieme irrazionale di loculi che costa quanto costava una bifamiliare prima del 2000, il marmorino me lo appendo laddove non è educato esplicitare; mi spieghi piuttosto dove dovrei riuscire ad incastrare l’armadio in camera da letto”.
La risposta è lapidaria e senza pudori: “Non ci sta, bisogna metterlo nell’altra camera”. Ah, dico, e il letto dell’altra camera dove lo metto? No, dice che l’altra camera è da utilizzare come appoggio, come studiolo, cose così. “Cose così”, dice proprio. Controllo l’impulso omicida e replico freddamente: “Ma allora non è bicamere, la camera è una sola; divisa in due”. Mi risponde seccato che la polemica sterile non porta da nessuna parte e mi porta a visitare il bagno. Risate matte. Entriamo uno alla volta (in due letteralmente non ci si sta).
Anche qui non riesco a trattenermi: “Lungi da me sfiorare la polemica, esimio operatore del settore, ma non le sembra un po’ piccolo? Se apro la finestra non posso sedermi sulla tazza del cesso”. Risponde al volo, brillante e ridanciano: “Beh, la finestra di solito si apre dopo…”.
Battutona. Davvero simpatico.
Tocca rinunciare ai sogni di roventi docce in coppia, o di rilassanti serate nell’idromassaggio con l’amica di turno. Vabbè, penso tra me e me, siamo nati per soffrire… Come primo passo può andare bene, poi tanto la rivendo tra qualche anno. Almeno ho il vantaggio di non impelagarmi troppo coi mutui: questa specie di monolocale con muri divisori, fuori Padova, dovrei poterlo comprare con la tredicesima. Vado sul sicuro: “Quanto viene?”
“Centocinquantamila euro trattabili. Con centoquarantacinque è sua.”
Le risate… Mi scompiscio a terra per la seconda esilarante battuta nel volgere di pochi minuti, mi complimento per il suo talento da cabarettista e poi gli chiedo il prezzo vero. Noto il suo disappunto e capisco che non scherzava. Sottolineo che sono 300 milioni di lire per comprare una casa in cui non ci sta l’armadio; non fa una piega e dice con aria vissuta: i prezzi non li stabiliamo noi, li stabilisce il mercato.
Eh già, hai ragione, vecchio allibratore di Wall Street… Lo saluto che sto ancora ridacchiando.
(Continua…)
Ma che bello…Davvero.Qualche tempo fa, quando sognavo di trovare casa, ho scritto un racconto sulle agenzie e sui loculi da me amaramente visitati definiti dal solerte e allamapadato agente, piccoli ma graziosi in contesto signorile…e che scherziamo. Bravo Ceo. Che grandi verità hai scritto. Scusa ma ora devo lasciarti… sto cercando casa. Ancora e poi… davvero… l’armadio dove lo metto ? Nella camera armadio ovvio… Daccordo e i miei figli ?
Beh il venditore aveva ragione sul bagno… la finestra la apri… dopo… altrimenti ti vedono seduto sulla tazza 🙂