I regali di Natale e Peter Pan

(Incubo da shopping natalizio)

Si, lo so. Conosco la retorica del Natale da vivere come festa religiosa senza lasciarsi trascinare nel vortice del vuoto consumismo che ci aliena e ci impoverisce nelle tasche e nell’anima. Ma io faccio parte di una specie in estinzione, quella dei romantici sentimentaloni, che si commuovono con i film e con le canzoni, che si entusiasmano quando nevica, che amano le tradizioni, la città piena di luci e colori, gli schiamazzi dei bimbi, le storie strappalacrime di Natale, gli alberi addobbati e pieni di fiocchi, la messa di mezzanotte al Santo, la calza appesa al camino la notte della Befana… Si, so anche che è un comodo mix di sentimentalismo pagano, consumismo e religiosità pret a porter, ma fossi in voi eviterei osservazioni troppo critiche: siamo tutti più buoni da Natale alla Befana, ma dopo il 6 gennaio torno stronzo più di prima (per recuperare)…

Quest’anno ero deciso più che mai ad evitare l’assalto disperato ai regali il pomeriggio del 24 dicembre: basta con le battaglie campali per trovare parcheggio; basta con la bolgia dei negozi; basta con le risse per l’ultimo peluche e i duelli all’arma bianca per l’ultima confezione di profumo.

No, quest’anno no.

Ho cominciato presto le ronde perlustrative e ho perfezionato gli ultimi acquisti una decina di giorni prima di Natale. Ero soddisfattissimo. Li tenevo tutti in camera e li rimiravo gongolando. La sera mi piazzavo davanti ai regali, comodamente seduto sul letto, e pensavo alle code che non avrei dovuto fare, al parcheggio che non avrei dovuto trovare, alle risse che non avrei dovuto affrontare… Una vera goduria insomma… Poi, d’improvviso, il colpo di scena.

La sera del 23 mi telefona lei; bellissima, irresistibile, deliziosamente capricciosa, faticosamente conquistata dopo un corteggiamento spietato e dispendioso… Mi comunica con leggerezza che ha dimenticato un paio di regali per due sue amiche. Terreo, mi illudo che si tratti di uno scherzo e mi esplode una risata convulsa. Il suo silenzio gelido tuttavia mi strozza la risata in gola. E la sentenza successiva mi colpisce in pieno stomaco. La frase esatta non la ricordo ma ho impresse a fuoco nella mente due parole: “…CENTRO COMMERCIALE…”.

Dico: “Ma ti rendi conto, dolcissimo amore mio… domani è la vigilia… sarà come avvicinarsi all’occhio del ciclone… un disastro di gente… tutti nervosi e frettolosi… tutti alla ricerca degli stessi regali… e poi sai che io in mezzo alla bolgia mi innervosisco…”

Dice: “Ecco, lo sapevo… per una volta che ti chiedo un piacere … allora significa che non mi vuoi bene… dici sempre che ami viziarmi e farmi felice… poi quando te lo chiedo ti tiri indietro… tutti uguali voi uomini… alla fine sei come tutti gli altri…”

Dico: “E va bene… sai che a te non riesco a dire di no, mia adorata principessa… mi sforzerò di non innervosirmi, di non scatenare risse epocali, di non litigare con le commesse e di essere come sempre oltremodo carino per tutto il tempo… Se trovi qualcosa che ti piace ti faccio anche un regalino … Sei contenta?”

Dice: “Grazie, ora ti riconosco… carino, gentile, disponibile… solo che io domani non posso venire: devo andare dall’estetista e dal parrucchiere a farmi bella… e non brontolare, che poi quando mi vedi vai fuori di testa, balbetti e mi aduli come una diva… Per il regalino fai tu… Sono sicura che mi prenderai qualcosa di carino… Ciao… baci baci baci…”

Riattacco il telefono, vado davanti allo specchio e comincio inesorabilmente a prendermi a ceffoni. Vola anche qualche insulto. Infine mi sputo.  Ma da uomo d’azione quale sono non mi perdo in chiacchiere: tempo di inghiottire un flacone di calmanti e sono già per strada. Vi risparmio le vigliaccate per rubare il parcheggio ad altri disperati, i mezzucci per accalappiare un commesso, le bassezze per soffiare i pochi regali rimasti, le furberie da poveri di spirito per saltare la coda… Tutte cose che odio nel profondo e disprezzo…. Mi consolo pensando al suo sorriso dolce, al suo viso meraviglioso e ad un altro paio di cose che al momento non sarebbe elegante elencare. In questo modo tutto risulta più facile e qualsiasi sacrificio mi sembra più che giustificato. Alla fine torno coi due regali per le sue amiche e con un simpatico orsacchiotto pieno di cioccolatini per lei. Mi aspetto una accoglienza trionfale, un sacco di feste, abbracci, bacini e coccole, oltre a premi di altro tipo che non sarebbe opportuno riferire in questa sede; invece…

 “Ma quanto ci hai messo? Sono nervosissima, dall’estetista ho dovuto fare la coda e il parrucchiere mi ha rovinata…”

Ribatto prontamente: “Ma no, sei indescrivibilmente bella come sempre… Tieni, questi sono i regali per le amiche… e questo è per te…” Il sorriso tronfio dura pochi decimi di secondo.

Dice: “Grazie, sei stato un amore MA…Ma che cavolo di pacchetti regalo ti hanno rifilato…? Fanno schifo… Possibile che se non ci sono io ti fai sempre infinocchiare…? Basta una commessa carina e non capisci più niente… E poi sai che sono a dieta e non posso mangiare cioccolato… Non posso crederci… pensi sempre a mangiare…”

“Mia adorata principessa non ti innervosire… Vuoi che ci facciamo un po’ di coccole? Vuoi che ti faccia un bel massaggio per rilassarti? Vuoi che andiamo di là in camera…?”

 “Ma cosa dici: è tardissimo, ho un sacco di cose da fare… possibile che non ti rendi mai conto… e tu invece di aiutarmi pensi alle coccoleti sembra il momento?

Vabbè, rimandiamo le tenerezze e diamoci da fare. L’ho accompagnata a sbrigare tutte le sue commissioni approfittando di ogni sguardo nello specchietto retrovisore per offendermi un po’.

Ho concluso poi piacevolmente la serata raggiungendo i miei genitori per la cena della vigilia. La mamma mi ha riempito di leccornie, coccole e regali, viziandomi come il più unico dei figli unici. Una parentesi paradisiaca di un paio d’ore, in cui il resto del mondo femminile è rimasto fuori di casa e la tentazione di tornare a vivere nella mia antica cameretta è stata fortissima.

Poi dice la sindrome di Peter Pan…

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