La ristrutturazione – Parte 3 (la cucina)

Angolo del Ceo - Una "tranquilla" fase della ristrutturazione

Attenzione!

In questi post si tratterà di ristrutturazioni, di elementi di arredo “materici”, di mobili color “tortora”, di cartongessi che “sdrammatizzano”, di vuoti che riempiono e pareti attrezzate, di lampadari e strisce a led, di fuochi e di piastre a induzione, di corpi illuminanti, di bagni in stile scandinavo e di cabine armadio.

Non so se mi spiego.

I non addetti ai lavori, soprattutto di sesso maschile, sono pregati di terminare qui la lettura. Proseguire potrebbe essere pericoloso e farvi desistere dalla fantastica avventura della ristrutturazione o, peggio, farvi venire voglia di iniziarne una. Per le donne, invece, qualsiasi raccomandazione sarebbe inutile: sono geneticamente predisposte, non c’è altra spiegazione.

Ma veniamo a noi…

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La cucina, chi la conosce la evita

Uno dei momenti più delicati di tutta l’avventura è stata la scelta della cucina. Vuoi perché è una stanza funzionale, operativa, esteticamente importante soprattutto in un open space, vuoi perché è uno degli argomenti cui le pine e gli arredatori sono più sensibili, vuoi per la pericolosità della fase progettuale, che ho scoperto essere protetta da segretezza estrema (vedi in seguito).

Va premesso che io, tra sport, fighe, convegni, cerimonie per il Nobel e altri impegni minori, ceno a casa mediamente un paio di sere a settimana: una sera svuoto un sacchetto di insalata pronta e l’altra di solito apro una scatoletta di tonno.

Quindi gli unici accessori veramente essenziali nella mia cucina sarebbero il frigo, un tavolo, una sedia e il cestino dei rifiuti. Tuttavia quando si entra nel tunnel della ristrutturazione si perde la concezione della realtà e ci si immerge in dettagli deliranti che la gran parte dei soggetti di genere maschile simili al sottoscritto ignorerà poi per il resto della vita.

Quando mi hanno convinto (non ricordo con quali motivazioni, ma mi hanno convinto) a cambiare la cucina, mi sono trovato di fronte, da profano, ad una crisi tale che quella dei missili a Cuba può solo accompagnare.

Angolo del Ceo – Cucina prima e dopo (secondo l’arredatore medio, avendo a disposizione un fantastilione di dobloni)

 

Progetti Top Secret

Innanzitutto pare che i preventivi e i progetti delle cucine siano materiale altamente classificato, di cui sia pericoloso anche solo parlare in pubblico.

Niente disegni, rendering o foto: gli arredatori sono severissimi su questo punto e tutelano la loro professionalità col massimo riserbo, secretando con cura ogni bozza.

Al primo preventivo mi hanno fornito telefonicamente indicazioni per raggiungerli in un luogo sicuro, assicurandomi di non essere seguito. Chiamavano da telefoni pubblici, camuffavano la voce e simulavano tutti un forte accendo svedese (sarà per via dell’IKEA, ho pensato…).

Raggiunto il luogo dell’incontro mi facevano intravedere la bozza del progetto per pochi secondi, con aria furtiva e preoccupata. Poi si dileguavano per nascondere tutto in un bunker sotterraneo segreto, che pare contenga gli X-files della NASA, i rapporti classificati sull’omicidio Kennedy e il disegno della mia cucina.

In pratica dopo ogni appuntamento mi ritrovavo, un po’ frastornato, con un’idea molto approssimativa della cucina che avrei dovuto acquistare e un preventivo di spesa pari a quello di una berlinetta sportiva ben accessoriata, scritto con l’inchiostro simpatico. Le amiche mi chiedevano dettagli ed io ero costretto, mio malgrado, a rimanere sul vago.

D’altronde non si può rischiare, su certi argomenti: pare ci siano in gioco interessi inimmaginabili. Immagino che le archistar di tutto il mondo abbiano a libro paga decine di agenti segreti per tentare di rubare il complicatissimo ed esclusivo progetto di cucine lineari di 3 metri come la mia…

Angolo del Ceo – Quando chiedete all’arredatore di fare una foto al progetto della cucina…

I dettagli che fanno la differenza

Mi limito a riportare, per puro altruismo, alcuni agghiaccianti episodi di vita vissuta. E’ la fredda cronaca di quello che è successo, senza edulcorazioni romanzate. Non proseguite nella lettura se siete minorenni o sani di mente: lettore avvisato mezzo salvato.

Ho dovuto destreggiarmi tra ante che si aprono con le gesture della mano, forni in cui, a sentire i produttori, lanci dentro un pezzo di vacca ed esce un filetto alla strogonoff, cantinette in grado di conservare i vini a venti temperature differenti e a berli (sì, credo li beva direttamente la cantinetta) quando sono pronti.

Se non fosse stato per i dodici milioni di ducati d’argento del preventivo, avrei senz’altro acquistato anche il lavello in pietra estratta dall’asteroide 2004 FH, che si ripara da solo, risponde al telefono e paga le spese condominiali.

In un prestigiosa galleria di arredi, di fronte a una cucina bianca, mi si è avvicinato un estroso professionista, che quasi in estasi mi ha sussurrato “Ernesto Meda“. Stupito della sua socievolezza, mi sono subito presentato anch’io, stringendogli la mano, ma credo di aver fatto una mezza gaffe, perché mi ha guardato malissimo e se n’è andato. Forse ci eravamo già incontrati e non l’ho riconosciuto.

Per carità, non ho una grande memoria per i nomi, ma anche prendersela così…

Ho scoperto poi che esistono cucine completamente chiuse alla vista da ante a tutta altezza e pare vadano per la maggiore. A livello estetico, giusto per capirci, sembrano un po’ il vecchio armadio della camera da letto di mia zia Genoveffa. Per scongelare la pizza bisogna prima ricordarsi dietro quale anta sia nascosto il forno, ma compresi nel prezzo vengono forniti un GPS, due piedi di porco a pila e un algoritmo cifrato in turbo pascal. Per trovare il lavandino è disponibile su chiamata un rabdomante.

Pratica magari no, ma come soluzione è di design e molto cool, niente da dire.  E sdrammatizza molto.

Angolo del Ceo – L’armadio della zia Genoveffa

 

Quando mi hanno mostrato cappe di aspirazione poste più in basso delle pentole mi sono un po’ preoccupato. Sono stati carini a rassicurarmi subito, giurandomi che per il momento non sono allo studio rubinetti sistemati sotto il lavandino, o bidet posizionati a soffitto.

Meglio cosi, speriamo bene.

Poi ho assistito a duri confronti e discussioni sulle gole delle cucine. All’inizio annuivo sempre (ci mancherebbe) ma facevo fatica a capire. “Mah, evidentemente sono cagionevoli e ne vanno soggette” – pensavo – “saranno gli sbalzi di temperatura o l’aria condizionata…”. D’altronde mi sentivo solidale perché anch’io da piccolo soffrivo spesso di mal di gola, e so bene cosa vuol dire.

E i materiali, vogliamo parlare dei materiali.

Ci sono terra, acqua, fuoco e aria, certo; e fin lì ero preparato.

Ma poi ci sono ante laccate, laminate, in vetro, in legno, e piani di lavoro in ochite, malachite, kryptonite, meteorite e, mi pare, difterite. Nessuno con l’influenza, per fortuna; meglio così, che è contagiosa e viene male alle gole.

Mi hanno fatto accarezzare materiali ruvidi e lisci, opachi e lucidi, e ho retto con una certa dignità. Quando però una addetta mi ha preso la mano invitandomi a passare le dita su un nuovo materiale e chiedendomi, non senza un brivido di sensuale voluttà, se fossi in grado di percepire quanto fosse “ciprioso”, ho simulato un attacco di spavento zodiacale e sono scappato.

Attenzione ai colori poi, che sono fondamentali.

In molti mi hanno spiegato l’importanza di alcune nuances, che danno un tocco di personalità alla cucina e stanno bene con tutto, tipo il tortora o il seppia; qualcuno ha citato l’uovo di pettirosso e ad un certo punto mi pare avessero fatto capolino anche un istrice e due piccoli serpenti.

I due liocorni, invece, come da copione, non si sono visti.

Angolo del Ceo – Inserti color tortora

Chiudo con un episodio sgradevole sul quale invece non mi sono sentito di sorvolare. Di fronte ai fornelli di una cucina di alto design, da millemila milioni di fiorini, un valido specialista mi ha chiesto sottovoce se mi piacesse il mix materico. Gli ho risposto che non amo il cibo etnico e preferisco un bel piatto di carbonara.

L’ha presa male e se n’è andato.

Avrò fatto la figura dell’italiano medio, ma pazienza: va bene tutto, d’accordo le cappe in basso, le tortore in cucina e i rabdomanti per trovare il rubinetto, ma la carbonara è la carbonara, cazzo.

Angolo del Ceo – Mix Materico o Sua Maestà la Carbonara?

 

PS1: riservato a chi mi conosce personalmente, soprattutto ai sodali e ai compagni di merende di sesso maschile. Se mai dovesse capitare che vi accenni all’idea di affrontare un nuovo progetto di ristrutturazione, tipo mettendo mano alla mansarda, siete autorizzati a usare metodi coercitivi di una violenza raccapricciante pur di dissuadermi, senza ascoltare i miei appelli alla convenzione di Ginevra.

Soprattutto fate in modo di tenermi lontano dal tizio della banca che eroga i mutui ristrutturazione. Grazie.

PS2: Un doveroso ringraziamento a tutte le “pine” e ai veri professionisti dell’arredamento che, al di là delle mie bonarie prese per i fondelli, mi hanno aiutato nell’ardua impresa. Naturalmente sono stati il mio innato senso estetico e la mia naturale propensione per il bello a fare la differenza, ma diciamo che senza di loro sarebbe stato tutto più difficile…

 

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