Stephen King – 22/11/’63

D’accordo, Stephen King è praticamente una leggenda. Libri celeberrimi, pellicole hollywoodiane tratte dai suoi scritti, tutto quello che volete. Però non avevo mai letto nulla di suo. Nessun pregiudizio, nessuna motivazione particolare. Forse le copertine, forse il genere, forse il destino cinico e baro… Chi può dirlo…

Ora la distanza è stata colmata.

Trama

Un professore di inglese del Maine viene coinvolto da un conoscente in una avventura straordinaria, oggetto da sempre di fantasie, sogni, libri e film: dalla dispensa di un ristorante si accede attraverso un varco spazio-temporale alle 11:58 del 9 settembre 1958. Attraverso lo stesso varco è possibile poi tornare al ventunesimo secolo e viaggiare di nuovo nel passato, apparentemente senza conseguenza alcuna. Apparentemente

In realtà i protagonisti si accorgono ben presto che le escursioni negli Stati Uniti del secolo scorso, oltre ad essere terribilmente affascinanti, sono foriere di complicati paradossi logici e, soprattutto, sono pericolose: interferendo col passato, si manipola in modo imprevedibile il futuro, in un perverso intrecciarsi di cicli e linearità. Tutto questo non spaventa i due viaggiatori nel tempo che invece si sentono in dovere di sfruttare il loro privilegio per “correggere” la storia e migliorarla. Decidono quindi di scegliere un evento, un fatto del passato sul quale intervenire e individuano questo momento “spartiacque” nell’omicidio di J.F.K. a Dallas, il 22/11/1963 (una curiosità – nella versione originale del libro il titolo è in formato americano: 11-22-63, ndr). Il passato tuttavia oppone resistenza, e la storia non si rivela poi così facile da cambiare: un professore del 2011 catapultato negli anni ’60 ha molti vantaggi sui suoi simili di mezzo secolo prima, ma in fondo dentro di lui vivono le stesse debolezze, le stesse paure, gli stessi sentimenti e la stessa multiforme, complessa, imprevedibile, meravigliosa umanità.

Recensione

Ho cominciato la lettura accompagnato da una discreta dose di scetticismo, un po’ per il tema di fondo (accostare la cronaca storica e i viaggi nel tempo mi sembrava troppo audace) e un po’ per via di una certa diffidenza reverenziale verso un autore così celebrato. Mi sono dovuto ricredere. La fantascientifica premessa su cui poggia tutta la trama (viaggiare nel tempo) è solo il punto di partenza che permette all’autore di dipingere il colorato affresco di una lontana America in bianco e nero. La lettura è stata veloce e piacevole, pagina dopo pagina mi sono trovato coinvolto in una avventura emozionante e in una storia d’amore deliziosa. La trama e l’abilità narrativa sono tali da far perdonare qualche peccatuccio veniale distribuito qua e là nell’intreccio.

Citazioni

“…Dov’ero rimasto?” All’effetto farfalla. “Giusto. Significa che piccoli eventi possono avere grandi ramificazioni. L’idea di fondo è che se un tizio uccide una farfalla in Cina, può darsi che quarant’anni dopo ci sia un terremoto in Perù. Sembra folle anche a te?” In effetti si, ma mi sovvenne un vetusto paradosso da viaggio nel tempo e lo tirai fuori: “Si, ma se uno tornasse indietro e uccidesse suo nonno?” – Al mi diede una occhiata perplessa: “Perchè cazzo uno dovrebbe fare una cosa del genere?” – Era una bella domanda, così gli dissi di proseguire.

 “Ogni passaggio attraverso la buca del coniglio fa ricominciare tutto.” Al rimase a guardarmi, per vedere se avevo capito. Mi ci volle un minuto ma alla fine ci arrivai. “Io…” – “Esatto compare. Questo pomeriggio non hai soltanto bevuto una root beer: hai anche rimesso Carolyn Poulin sulla sua sedia a rotelle.”

 Davvero penso di poter mettere a rischio il mondo per avere la donna che amo?

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