Quenelle di tubero multicolore

Non immaginate chissà quale specialità esotica: si tratta di un purè di patate.

Ma preparandolo in questo modo si riesce a dargli un po’ di colore e a movimentare il piatto, per la gioia degli occhi e del palato.

Il suggerimento è semplicemente quello di mettere a volume medio/alto “We have all the time in the world” cantata da Armstrong e preparare due tipologie di puree diverse: una con le patate tradizionali e un’altra con le patate c.d. “Vitelotte“, chiamate anche “Patata Nera”, “Donna Nera”, “Tartufo della Cina” o, erroneamente, patata viola.

E’ più piccola delle normali patate e oltre ad avere la buccia viola si presenta viola anche in sezione. Originaria del Cile, oggi viene coltivata soprattutto in Francia; non è facilissima da trovare ed è anche più costosa rispetto alla normale patata nostrana (io le ho trovate a 5€/Kg).

Attenzione: la patata Vitelotte non va confusa con la patata violetta o la patata turchesa: entrambe con buccia viola ma dalla polpa interna giallo-bianca, che non produrrebbe l’effetto cromatico voluto.

Per quanto riguarda sapore e consistenza, diciamo che sono abbastanza simili a quelli della patata tradizionale, anche se forse a livello organolettico si può percepire nella patata Vitelotte una leggera virata verso il sentore di castagna.

Ah, giusto per fugare dubbi: la patata viola, nonostante il suo colore atipico, non è realizzata con l’aggiunta di coloranti, né modificata geneticamente. Semplicemente, è viola.

La ricetta è banale: burro, latte, patate bollite e schiacciate. Le due puree possono essere preparate secondo la stessa, identica ricetta. Una prenderà il tradizionale colore giallo/bianco, l’altra sarà viola. All’atto di impiattare, quindi, si potrà giocare con i colori e rendere più vivace la tavola.

Il trucco dello chef Ceo: nel purè tradizionale (quello chiaro), aggiungo sempre un pizzico di noce moscata e un po’ di parmigiano. Ci guadagna in personalità.

Varianti: io ho realizzato delle quenelle alternando i due colori, ma le combinazioni e le forme dipendono solo dalla fantasia di chi cucina. Tra l’altro anche “What a wonderful world”, sempre cantata da Armstrong, si presta bene.

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