Latitudini

Una città del Nord, gennaio inoltrato.

Mi dirigo in auto verso il centro per raggiungere il ristorante indicatomi da un cliente. Fa freddo, l’aria punge la pelle e la nebbia aleggia su ogni cosa, rendendo ogni via simile all’altra e ogni incrocio identico al precedente. L’umidità arriva fino alle ossa, chiudo tutti i boccaporti del giubbotto e sono quasi tentato di mettere anche il cappuccio.

Col mio spaventoso senso dell’orientamento capisco di essere vicino alla meta. Mollo l’auto in un parcheggio e cerco di trovare il ristorante. Dopo qualche tentativo andato a vuoto mi rassegno a chiedere ad un passante.

“Scusi passante…”

Il primo va di fretta, è evidente, quindi non si ferma e prosegue.

“Scusi passante…”

Il secondo è immerso nel suo smartphone e bofonchia qualcosa.

“Scusi passante…”

Finalmente il terzo si ferma: “Vada giù di là, poi alla fine del vicolo chieda.”

“Grazie mille”, replico, pensando che è stato molto gentile. In effetti nel giro di dieci minuti trovo il ristorante. Mangio bene. Poco (siamo a pranzo), ma bene: un primo, acqua naturale e caffè, più il coperto, per un totale di 15 euro. Tutto sommato sono soddisfatto.

Mi bardo come un eschimese e mi rituffo nella nebbia, pronto per affrontare il resto della giornata.

Molto bene.

Palermo, gennaio inoltrato.

Mi dirigo in auto verso il centro per raggiungere il ristorante indicatomi da un collega. Ci sono 20 gradi ed è una splendida giornata: dopo aver parcheggiato lascio il giubbotto nel baule dell’auto e rimango in giacca e camicia. E’ la prima volta che vengo in questa zona della città, chiedo indicazioni.

“Scusi passante, posso chiedere una informazione?”

E’ un sessantenne. Si ferma e mi sorride:“E certo che può chiedere, ci mancherebbe.”

Dico: “Lei è molto gentile… Dovrei raggiungere il teatro Massimo.”

Mi guarda e tace per qualche secondo. Forse sta pensando alla strada migliore o a come spiegarmela.

“Il teatro massimo è uno dei simboli di Palermo.”

“Sì, d’accordo. Ma che lei sappia, da qui, a piedi…”

“Costruito alla fine dell’ottocento, divenne da subito una delle opere architettoniche più importanti della Sicilia, sia dal punto di vista urbanistico che culturale.”

“La ringrazio per la dovizia di particolari ma veda: io in realtà non devo recarmi proprio a teatro. Mi serve solo come riferimento per poi trovare un ristorante indicatomi da un collega.”

Dice: “E se posso permettermi la domanda, quale ristorante le ha consigliato il collega?”

Siamo partiti da una indicazione stradale e stiamo disquisendo di architettura e ristoranti. Mah, sono un po’ stranito, ma al sole si chiacchiera piacevolmente. Faccio il nome della trattoria.

“Il suo collega le ha dato una buona dritta: si mangia molto bene! Le consiglio tra l’altro di assaggiare le loro arancine, fritte sul momento. Io preferisco quelle al burro, ma fossi in lei proverei anche quelle al ragù”

“Volentieri, la ringrazio. Rimane il fatto che non so come arrivarci.”

“Ma stiamo scherzando, e io che ci sto qua a fare… la accompagno…”

Dico “Non si disturbi, non è necessario.”

“Ma quale disturbo, dovere. Anzi, è un piacere essere gentili con chi viene dal continente… E poi una passeggiata in centro con una giornata come questa non è certo un sacrificio…”

Ma che personaggio! Fossimo nelle mie zone avrei già tagliato corto, ma in effetti il tepore del sole e la sua cordialità mi fanno propendere per la passeggiata chiacchierosa.

Mi guida attraverso il centro di Palermo, facendomi da cicerone ed elencandomi i luoghi più interessanti da visitare. Arrivati alla meta mi sento quasi in dovere di offrirgli il pranzo. Noto che il mio slancio non lo stupisce affatto, o per lo meno non quanto il clima di questa tarda mattinata, sia meteorologico che umano, abbia piacevolmente stupito me. Si congeda stringendomi la mano e mi lascia di fronte al ristorante che cercavo.

Chiamo il collega palermitano per raccontargli di questa piccola, strana avventura e della insolita gentilezza del suo concittadino; la sua risposta divertita mi fa sorridere: “Embè? Ma che minchia vai cercando? E’ normale… Forse ti hanno abituato male dalle tue parti…”.

Vabbè, basta con le pippe sociologiche de noaltri, coi luoghi comuni, coi benvenuti al Sud e i benvenuti al Nord. Meglio dedicarsi al pranzo, che lo stomaco pretende attenzioni a tutte le latitudini.

Un primo (pasta alla norma), due arancine (al femminile mi raccomando, che poi il collega mi rimbrotta…), una al ragù e una al burro, una bibita e un caffè.

La pasta è ottima e le arancine sono una delizia. Chiedo il conto.

Sei euro.

Molto bene…

1 Commento

  1. Ti aspetto per il secondo giro :-)….
    La prossima volta Pani Ca’ Meusa, Spinciuni, Pane Panelle e Crocché e viaggio nella Palermo Spagnola ;-)….
    Ovviamente serviranno almeno un terzo e quarto giro per portare avanti il viaggio gastro-architettonico e, perchè no ….. anche balneare!

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