Mi è stato consigliato da una amica, appassionata lettrice e recensore più che affidabile: me ne ha parlato con un entusiasmo tale che non ho potuto fare a meno di procurarmelo il giorno stesso.
L’ho iniziato in treno, durante uno dei miei tanti viaggi di lavoro; mi ha conquistato subito e l’ho divorato in due giorni, nonostante la trama descritta nelle alette del libro promettesse ben pochi colpi di scena.
Il libro, a dispetto del canovaccio di fondo all’apparenza poco avvincente, mi ha regalato forti emozioni e si è prepotentemente guadagnato il primo posto nella mia personalissima classifica delle letture nel 2014.
Sinossi
Primi decenni del novecento. Un ragazzino americano, figlio di contadini poveri, viene mandato dal padre, con non pochi sacrifici, a frequentare l’università della Columbia. Facoltà di agraria, ovviamente, in previsione di future applicazioni nei campi di famiglia.
Il difficile approccio con i libri del giovane ma testardo agricoltore finisce di colpo quando viene folgorato quasi per caso dal fascino potente della letteratura. Una lezione e una frase in particolare cambieranno la sua vita.
“Shakespeare le parla attraverso tre secoli di storia, Mr Stoner. Riesce a sentirlo?”.
Il giovane li sente eccome, i versi struggenti e meravigliosi del bardo; abbandona senza indugio i corsi di agraria per dedicarsi alla letteratura, passione che diventerà anche il suo lavoro (otterrà una cattedra) e che lo accompagnerà per tutta la vita.
Quel campus austero e solenne che tanto fascino aveva esercitato su di lui quando era un ragazzino di campagna spaesato e impaurito, diventerà quindi la sua vera casa, lo scrigno delle sue riflessioni più intime, il suo rifugio più sicuro dalle amarezze di una vita piatta, segnata da un matrimonio infelice e da una carriera piuttosto monotona.
L’opinione del Ceo
Cercare di spiegare quello che è in grado di trasmettere questo libro è piuttosto difficile. La trama offre pochi spunti e il protagonista è quello che, con i parametri del successo e della felicità in vigore oggi, molti probabilmente definirebbero un fallito.
Conduce una vita senza acuti, scandita dalla quotidianità di una carriera sempre uguale a sé stessa, per decenni. Passa indenne attraverso due guerre mondiali che segneranno a fondo molte generazioni di giovani americani ma che lui evita senza farsi nemmeno troppi scrupoli di coscienza. Sconta gli anni di matrimonio con la rassegnazione di un carcerato reo confesso, imprigionato da una moglie nevrotica e disturbata che riesce a rovinare persino il suo rapporto con la figlia.
Ma non cede.
Non scappa, non molla, non si ribella al suo destino.
Rinuncia all’amore senza lottare troppo, rinuncia a gongolare della sonora, sofferta rivincita contro un collega rancoroso, si preoccupa solo di rientrare nella sua quotidiana, piatta, ripetitiva esistenza, come un mite, testardo guerriero disarmato che affronta le sfide della vita con la forza del fatalismo e dell’attesa.
L’animo rinunciatario, apatico e rassegnato del protagonista è a tratti irritante, quasi insopportabile, ma in qualche modo l’autore finisce per trasformarlo con sublime abilità in una specie di scalcinato, atipico eroe del ventesimo secolo.
Leggetelo, questo piccolo capolavoro: vi piacerà.
Citazioni dal libro
«Shakespeare le parla attraverso tre secoli di storia, Mr Stoner. Riesce a sentirlo?»
«Può capitare che qualche studente, imbattendosi nel suo nome, si chieda indolente chi fosse, ma di rado la curiosità si spinge oltre la semplice domanda occasionale. I colleghi di Stoner, che dal vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi, il suo nome è il monito per la fine che li attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare.»
«A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.»
«Stette a guardarla per un pezzo. Provava un senso di remota pietà, amicizia riluttante e rispettosa consuetudine. Ma anche una tristezza dolente perché sapeva che quello spettacolo non avrebbe più suscitato in lui l’agonia del desiderio e che quella presenza non l’avrebbe più commosso come un tempo. Poi la tristezza si affievolì e la coprì gentilmente. Spense la luce e si coricò accanto a lei.»
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