Una domenica (bestiale) al mare

Il primo post di questo blog è tratto da una mia facezia pubblicata nel primo numero della rivista “Padua Live & Music”, nel giugno del 2006. E’ dedicato a tutti coloro che hanno preso parte a quella coraggiosa, pindarica avventura editoriale e a tutti gli attori di quel periodo meraviglioso.

Vorrebbe essere uno scherzoso omaggio ai servi della gleba di ogni tempo e latitudine nonché ovviamente alle loro feudatarie emozionali. In particolare alla protagonista di quella domenica al mare che era, ed è ancora, bellissima e che ha sempre avuto l’intelligenza di vivere col sorriso le mie iperboli e le mie affettuose ironie.

Un ringraziamento a Simonetta per le splendide foto è d’obbligo…

 

UNA DOMENICA (BESTIALE) AL MARE

(Degli equilibri di coppia durante una gita fuori porta tra un giovane uomo e una bellissima giovane donna)

 Sabato sera

“Perchè non andiamo al mare domani?”

Penso: che idea del cazzo, domani è domenica, siamo in maggio, ci sarà il mondo.

Dico: “Che splendida idea, fiorellino! Magari partiamo sul presto, così evitiamo la coda.”

Ma va, cosa dici… Partiamo quando mi sveglio, vuoi farmi fare le levatacce per andare al mare? Non fare lo sfigato che parte all’alba come Fantozzi…”

Vabbè, andiamo quando vuole la principessa…

Il viaggio

All’altezza di Legnaro 8 km di coda. Sembrava Roncobilaccio.

“Non cominciare a brontolare e a dire che l’avevi detto, sono già nervosa di mio…”

Ma no figurati, diavolo imbufalito… Almeno ascoltiamo un po’ di musica, passami un CD.

“In auto ne ho solo uno, quindi c’è poco da scegliere.”

Ma se te ne ho regalati quattromila in duplice copia, da tenere in casa e in auto…

“Beh insomma, saranno a casa o forse nel bagagliaio, non so, non mi ricordo, non innervosirmi…”

Ci mancherebbe, stellina bella! Non importa: ascolterò la radio.

La spiaggia

Dopo un viaggio infernale e una ricerca del parcheggio da guerriglia urbana arriviamo allo stabilimento balneare. Prendo un lettino per lei e l’ombrellone.

Dice: “Prendine due, di lettini! Mica farai il grezzo con il telo steso sulla sabbia…”

Ma principessa, lo sai bene che io non sto sul lettino: vado a giocare a beach volley, a calcetto, al bar, non riesco a rimanere fermo sotto il sole come fai tu…

“Sei venuto per stare con me o per fare l’insofferente e girare come un’anima in pena? Prendine due, così uso il tuo anche per appoggiare la borsa, le creme e i vestiti.”

Molto bene.

Tra parcheggio e lettini stacco un assegno post datato. Alle mie rimostranze il simpaticissimo gestore sottolinea con faccia di bronzo che i prezzi sono gli stessi dell’anno prima.

“Si, ma era ferragosto non maggio, diavolo rapinatore” – ribatto io

Una fitta dolorosa all’altezza delle costole smorza la mia polemica, e con sorpresa arguisco che non è stato l’esattore: “Ma ti metti a discutere sul prezzo? Con me di fronte? Che figura, io me ne vado ti aspetto in spiaggia…”.

Invece di stendere entrambi con un doppio calcio volante, ingoio il rospo e pago.

Il gestore, con una luce diabolica di scherno negli occhi, aggiunge: “Ah, guardi che essendo fuori stagione i bagnini ancora non fanno servizio completo: i lettini se li deve portare lei.”

Scarto l’idea di piazzare una carica di dinamite sotto la sua capannina, mi carico i due pachidermici oggetti in piombo impoverito sulla spalla e provvedo.

Il Pranzo

Dice: “Vorrei un toast, un ghiacciolo e una coca, ma non ghiacciata mi raccomando.”

Principessa non c’è problema: ti accompagno e prendo qualcosa anch’io al tavolo. Sono quasi le tre e sono a digiuno, poi magari vedo come stanno andando le partite.

“Ma vuoi sederti a tavola come i nonni? Io non ho voglia di camminare, la sabbia scotta e poi devo stare qui ad abbronzarmi. E non pensare sempre a mangiare e al calcio, che noia: prendi qualcosa al volo e portalo qui, che pilucchiamo sul lettino e parliamo”.

Ma…

“Uff, sei venuto per accompagnarmi o per stressarmi…?  E  prendi un po’ di sole anche tu, sei bianco come un latticino… anzi, mi spalmi l’olio sulle gambe? Dai dai, che poi ti piaccio con la pelle ambrata… sono o non sono bellissima? Dimmelo…”

Mica la tramortisco con un colpo alla giugulare, no no. Le dico che è bella da far male, mi godo il suo sorriso malizioso e terribilmente femminile e mi precipito a prendere da mangiare.

Mille km sulla sabbia rovente per raggiungere il baretto, coda con un manipolo di bifolchi attaccabrighe stratatuati e sudaticci, nuovo assegno post datato per due toast, due coche e un ghiacciolo. Ci saranno 40° e il sole è allo zenith. Molto bene.

Potevo mica rimanere a casa col climatizzatore acceso e le palle al fresco a vedermi il Milan? Mah…

Shopping

Verso le 16:30, quando il sole comincia a diventare accettabile, giunge l’ordine di levare le tende.

Dico: ma proprio adesso che viene il bello, il sole tramonta, la sabbia non scotta più… non possiamo rimanere ancora un po’? Io gioco un po’ a beach coi ragazzi e poi vediamo il tramonto insieme…

“Non fare lo sfigato che gioca a palla in spiaggia… Dobbiamo assolutamente andare a Chioggia.”

A CHIOGGIA??? A FARE CHE?

“Ci sono alcuni negozi trendy molto carini… Ho appuntamento lì con le ragazze tra mezz’ora, quindi dobbiamo andare…”.

Vabbè, almeno berrò uno spritz e mi informerò sulle partite…

Faccio ancora lo splendido: “Principessa ci penso io a parcheggiare, nessun problema: tu intanto scendi e goditi le vetrine con calma.”

No, non infierite: mi sono mandato a fare in culo da solo dopo pochi minuti. Auto arroventata, climatizzatore a manetta praticamente inutile, lotta all’arma bianca per trovare un posto libero. Manco fossimo a Manhattan.

Dopo un parcheggio selvaggio conquistato schienando una dolce vecchietta grazie alle arti marziali, caccio una cifra vicina al milione di euro in monete da 10 cent per garantirmi mezz’ora scarsa di parchimetro (a Manhattan costa meno). Arrivo trafelato.

“Ma quanto ci hai messo a parcheggiare? Mica l’avrai messa lontana che non ho voglia di camminare, sono stanca morta…”

Stai tranquilla, zuccherina, è proprio qui in centro, quasi in zona pedonale… E poi in caso vado io a recuperare l’auto e ti vengo a prendere, come al solito. Posso offrire un prosecco a te e alla tua amica?

Il rientro

Coda incommensurabile. Decine di coglioni che superano a destra o sinistra tentando di reimmettersi più avanti; chissà come si sentono furbi. E chissà come si sentono buoni quelli che, più avanti, anziché posizionare i rostri sui cerchioni o lanciare missili dal cofano, permettono loro di rientrare facendosi beffe di tutti gli ingenuotti in coda.

Tutto fermo, bloccato, immoto. Ingorghi a croce uncinata. Un vero, sublime inferno.

Non avendo armi di distruzione di massa a disposizione, mi sfogo sparando il climatizzatore a temperatura antartica e alzando la radio a volume da discoteca, tanto per stordirmi con la musica.

“Sono tanto stanca, il sole mi ha debilitata, vorrei pisolare… Abbassi un po’ la musica? E guida piano per cortesia, niente scossoni, frenate o imprecazioni contro gli altri… Devo rilassarmi…”

Tranquilla, pupa, riposa pure nella bambagia: mi chiamano piede di velluto.

Passano, lentissime, le ore e dopo 50 metri scarsi percorsi in prima, all’improvviso sussulta: “Oddio che freddo! Ho i brividi! Abbassa l’aria che mi sento morire”.

Dico: ma stellina adorata, ci sono 60 gradi all’ombra, diavolo torrido… Se abbasso l’aria finiamo arrostiti!

Dice: “Insomma, sono stata tutto il giorno al sole e ho la reazione termica, guarda, mi viene la pelle d’oca! Mica posso prendere la broncopolmonite perché tu hai le scaldanelle!”

La broncopolmonite. A maggio. In una scatola di latta sotto il sole a picco…

Invece di stordirla con una gomitata sul naso, sorrido e la rassicuro: “Subito, delicato fiorellino di maggio, la abbasso subito.”

Ho spento il clima e acceso il falò delle imprecazioni silenti mentre la radio, impietosa, mi aggiornava sulla sconfitta del Milan.

Attendo attestati di solidarietà in grande numero…

3 Commenti

  1. Piacevolissimo racconto. Storie di tutti i giorni nelle quali tutti ci siamo più o meno trovati. Qui trovo il piacere di leggerle.

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